Insula e individualità emotiva e affettiva
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 20 ottobre 2018.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
I progressi compiuti nella conoscenza dei
rapporti fra struttura e funzione del cervello, fin dallo studio dei pazienti
con cervello diviso, documentano l’importanza delle differenze individuali.
L’assunto filosofico secondo cui ciascuno di noi sarebbe un essere unico e
irripetibile trova fondamento, oltre che nell’unicità del proprio DNA, nei
processi che caratterizzano lo sviluppo del cervello. Gerald Edelman soleva
dire che il cervello è un sistema complesso che seleziona sé stesso:
basterebbero solo le dinamiche principali, come la competizione fra assoni per
la formazione delle sinapsi durante lo sviluppo, influenzate da variabili di
ambiente legate alla circostanza, per comprendere come avvenga che, al livello
microscopico, si registrino differenze individuali rilevanti. Infatti, alla
costanza dell’organizzazione anatomica macroscopica del cervello – che pure
conosce interessanti eccezioni e variazioni – fa riscontro una individualità
microscopica significativa nella struttura delle reti. Sono diversi fra loro i
cervelli di due gemelli monozigoti, così come quelli degli animali clonati, per
ragioni insite nella biologia dello sviluppo degli elementi nervosi, già
evidenti in Daphnia magna[1], e tali
da moltiplicare i propri effetti al crescere della complessità della struttura
nervosa considerata, fino al vertice evolutivo del cervello umano.
È ragionevole supporre un’influenza dei tratti
morfologici di individualità cerebrale sulle espressioni psichiche individuali,
e, se si può convenire circa il fatto che le operazioni cognitive, omologate
dall’insegnamento scolastico e dalle consuetudini logiche della cultura di
massa, si prestano meno ad esprimere l’unicità di una persona, si può allo
stesso modo concordare che la dimensione degli affetti e delle emozioni, con la
sua estesa gamma di stati mentali, reazioni e manifestazioni, può più
facilmente consentire una caratterizzazione individuale. Una tale premessa suggerisce
lo studio delle basi neurali dell’individualità affettivo-emotiva umana,
contribuendo alla costituzione di un campo che può considerarsi nuovo e
pressoché inesplorato della ricerca neuroscientifica.
Lo studio scientifico, e perciò di biochimica,
biologia molecolare e fisiologia, nella sua ricerca delle regole naturali e dei principi
biologici che governano i fenomeni, deve tendere a scoprire, accertare o
riconoscere quanto accade nella generalità dei casi; pertanto, non meraviglia
che tutta la ricerca sulle basi neurali delle emozioni e dell’affettività sia
stata condotta non tenendo conto delle differenze individuali, se non nei
termini quantitativi della variazione di un parametro in un intervallo
fisiologico. A ciò si aggiunga che la massima parte della ricerca è costituita
da sperimentazione su roditori, e perciò su mammiferi il cui cervello è
filogeneticamente molto distante dal grado di differenziazione,
specializzazione e complessità tipico dell’encefalo dei primati.
In epoca recente, gli studi di neuroimmagine
funzionale in vivo nell’uomo hanno
reso possibile esplorare le differenze individuali nei pattern di attivazione cerebrale. Levine e colleghi, percorrendo
questa via, hanno rilevato un possibile ruolo dell’insula nell’elaborazione
individuale di esperienze affettive.
(Levine S. M., et al. The neural representation of an individualized relational affective space. Neuropsychologia –
Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuropsychologia.2018.10.008, Oct. 12, 2018).
La
provenienza degli autori è la seguente:
Department of Psychiatry and Psychotherapy, University of Regensburg,
Regensburg (Germania).
Per le evidenze emerse dallo studio qui
recensito, che suggeriscono un ruolo dell’insula,
si propone un breve richiamo di alcune nozioni anatomiche su questa regione, così
da facilitare un inquadramento morfo-funzionale.
L’insula[2] o Insula di Reil o lobo dell’insula è una regione corticale situata profondamente,
nella fossa laterale del cervello, dove si costituisce come depressione della
corteccia cerebrale, circondata da un solco che la delimita e la isola (insula) e da lembi (opercoli) che la ricoprono. L’insula
è sita nel mezzo della fossa laterale o silviana ma
non la occupa tutta; pertanto, risulta preceduta e seguita da due interessanti
aree: la regione pre-insulare e la
regione retro-insulare. Solo nel
periodo fetale appare in superficie; nell’adulto, per poterla osservare, è
necessario sollevare i lembi dei tre opercoli: frontale, temporale e parietale.
Come è evidente nelle sezioni frontali, nella sua profondità l’insula corrisponde al claustro e al corpo striato.
La morfologia di superficie ricorda un ventaglio
con il vertice in basso, formato da solchi e circonvoluzioni. Anche se sono state
descritte numerose variazioni individuali, la maggior parte degli autori riconosce
un solco intermedio più lungo e profondo degli altri, detto grande solco dell’insula[3]. Tale
solco principale consente di suddividere la regione in due lobuli: il lobulo anteriore dell’insula e il lobulo posteriore dell’insula.
Il lobulo
anteriore dell’insula è costituito da tre circonvoluzioni, dette giro
anteriore, giro medio e giro posteriore, e pieghe accessorie brevi che uniscono
il lobulo alla parte posteriore del giro frontale inferiore.
Il lobulo posteriore
dell’insula, più stretto e allungato, comprende due circonvoluzioni
fortemente oblique che, in basso, si continuano con la piega di passaggio temporo-insulare.
Da un punto di vista citoarchitettonico,
nell’insula si riconoscono tre zone: anteriormente e fino alla zona centrale la
corteccia è di tipo agranulare;
subito intorno vi è una fascia in cui si possono riconoscere la lamina II e la
lamina III; la zona più esterna, che giunge fino al limite caudale dell’insula,
è costituita da corteccia granulare omotipica.
Le connessioni sono estese e complesse. I fasci
afferenti dal corpo genicolato mediale e dal talamo sono numerosissimi dai
nuclei ventrali posteriori, dal pulvinar, dal complesso sopragenicolato,
dal nucleo mediodorsale, ecc. Sembra che la corteccia agranulare
sia connessa prevalentemente con i nuclei mediodorsale e ventroposteriore del
talamo, mentre la corteccia granulare abbia una maggiore connessione con il
pulvinar talamico. Gli altri gruppi nucleari sembrano essere connessi con tutte
le aree dell’insula.
Le vie assoniche di collegamento con la corteccia
sono fitte e numerose. Sono state descritte connessioni ipsilaterali
con la corteccia somatosensoriale, con quella
orbito-frontale e con le regioni uditive; mentre le connessioni con le aree
visive sembrano assenti. La parte agranulare
dell’insula è più connessa con le strutture olfattive, limbiche e paralimbiche, con rilevanti contingenti di fibre
nell’innervazione reciproca con l’amigdala. La neurofisiologia classica ha
riconosciuto un ruolo nell’elaborazione somatosensoriale
all’insula posteriore, così come ha attribuito all’insula anteriore ruoli nel
gusto e nell’olfatto. Prove sperimentali hanno da tempo suggerito che l’insula
possa essere una stazione chiave nella via della sensibilità tattile epicritica
(via spino-bulbo-talamo-corticale del lemnisco mediale) che include l’area SII,
intensamente connessa con l’insula. Un altro ruolo classico attribuito
all’insula, e supportato dalle connessioni con le alte vie acustiche (corpo
genicolato mediale e corteccia uditiva), è rappresentato dalla partecipazione
della sua parte posteriore alla fisiologia del linguaggio[4].
Si ricorda, infine, che il testamento scientifico
di Francis Crick, che nell’ultima parte della sua vita ha indagato i rapporti
tra connessioni e funzioni del claustro,
ha indotto anche un nuovo interesse per la connettività dell’insula, in considerazione della
prossimità anatomica.
Levine e colleghi hanno preso le mosse dal
considerare che la psicologia ha descritto le emozioni secondo prototipi
discreti e generali o dimensioni affettive standardizzate, inducendo a cercare
nel singolo la rispondenza ad un modello predefinito; allo stesso modo, in
condizioni patologiche sono stati adottati modelli generali ed universali di
disturbi affettivo-emotivi, trattando tutti i pazienti secondo un unico modello
e trascurando le specificità del singolo. I ricercatori hanno allora ipotizzato
che la struttura relazionale complessiva dell’informazione emozionale di un
individuo possa essere di vitale importanza per la comprensione del modo in cui
il cervello rappresenta le emozioni.
Levine e colleghi, combinando esperimenti
comportamentali e osservazioni sperimentali condotte mediante risonanza
magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance imaging) con analisi di similarità, hanno dimostrato
che i pattern di attività neurale
nell’insula di sinistra corrispondono
all’arrangiamento multi-dimensionale degli spazi affettivi dell’individuo, a
dispetto delle differenze inter-individuali, in maniera più fedele dei seguenti
termini di paragone:
1) di un modello medio di spazio affettivo per un
gruppo;
2) di un valence-arousal space standardizzato;
3) di uno spazio di categoria semantica;
4) di uno spazio di similarità visiva.
Questo risultato suggerisce che l’insula (di sinistra) potrebbe essere una
base neurale per l’elaborazione dell’informazione affettiva a livello
individuale, in un modo specifico per i propri stati affettivi. Tale esito
suggerisce che le metodiche di neuroimmagine funzionale hanno la possibilità di
fornire informazioni nuove e preziose per l’approccio clinico ai disturbi che
implicano un’alterata regolazione affettivo-emotiva.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni
di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-20 ottobre 2018
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fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] La Daphia magna è un piccolo crostaceo che si riproduce per partenogenesi
creando cloni di sé stessa.
[2] Denominazione dell’International Anatomical
Nomenclature Committee (IANC).
[3] L. Testut
e A. Latarjet, Anatomia
Umana, V ed., Vol. III, p.354, UTET, Torino 1971.
[4]
Gray’s Anatomy (Susan Standring Editor-in-Chief) 39th ed., pp. 401-403, Elsevier 2005.